quando la donna diventa mamma

Quando una donna diventa mamma, non smette di essere donna. A differenza di quanto viene narrato e di quanto viene creduto. La donna che diventa mamma, continua ad essere una donna. 

Ma non la stessa donna di prima.

Quando l’energia della maternità avvolge il suo mondo, la donna si ritrova a camminare su un ponte che la accompagna dall’essere ragazza all’essere madre. Quel ponte nulla ha a che vedere con il Bridge over a Pond of Water Lilies dipinto da Monet, quel ponte è una crisi dell’essenza, una crisi dell’esistenza. 

La donna smette di essere ciò che era, per incontrarsi nuova e sconosciuta. 

Anche fragile, come un fiore appena sbocciato. Proprio come canta Elisa.

Ma la dualità regna anche in questa dimensione, e alla sensibilità si contrappone un’energia opposta, quella della tigre, mamma, che della protezione dei suoi cuccioli fa il proprio scopo di vita.
Al centro di queste forze opposte e complementari c’è la donna, che, di fatto, con la nascita del figlio, si rimette al mondo. 

Gli ormoni, l’incertezza, la trasformazione, le priorità, le responsabilità, tutto intensifica questo periodo estremamente e intimamente delicato.

Ecco quindi che una donna che diventa mamma ha si bisogno di spazio, ma anche di sostegno. Ha bisogno di tempo per conoscersi, non ha bisogno di doversi giustificare, ha bisogno di aiuto, di ritrovare l’equilibrio e di farlo senza pesi esterni e sensi di colpa interni. 
Ha bisogno di sé stessa. 

È un dondolio continuo, la donna che diventa mamma vive su un’altalena di emozioni costante. 

Mamma, quel tipo di amore, non si può spiegare a parole. È totalizzante. A tratti travolgente, di bellezza e di paura. Di gioia e e di stanchezza. 
Di sorrisi.
Di pianti. 

Ecco perché la gravidanza non serve soltanto al bambino, ma è vitale anche per la donna. 
Questi mesi vanno vissuti con consapevolezza, così da potersi salutare e congedare delicatamente dalla vita che si è abitata fino a quel momento. Onorarsi, rispettarsi, ritornare al proprio tempo non è segno di debolezza, ma di audacia. 
È amor proprio, è femminismo, è accogliere, senza sforzo, ma con pazienza e curiosità la donna che prenderà ad abitare il nostro corpo, anch’esso nuovo e trasformato.

È mettersi al centro, è darsi la vita, è darsi il permesso di vivere.

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e se dall’anti-age passassimo al pro-age?